13 novembre 2010 / 5 dicembre 2010
Limiti
inchiusi arte contemporanea, via Muricchio 1 - Campobasso
Paolo Borrelli non svela nulla circa i lavori esposti, anzi suggerisce l’enigma con un invito all’artista Barbara Esposito, cui ha inviato le immagini delle opere
in mostra, chiedendole di partecipare al “gioco” e redigere un testo senza interloquire con l’autore.
Il risultato è un’opera nell’opera.
L’intenzione è quella d’interrogarsi sulle possibilità di superare gli schemi consolidati della lettura critica, ponendo l’accento sull’importanza, sull’utilità
poetica, di uno sguardo terzo prodotto da un’artista. Ne scaturisce una nuova lettura che non indulge nella decodificazione delle opere in favore del pubblico, ma
pone in evidenza il valore dell’intimità che nasce dall’atto della visione, che sempre intercorre tra l’osservatore e l’opera.
L’impatto con le immagini, in questo caso, conserva tutta l’autenticità del corto circuito con cui sono state prodotte. La freschezza dei Messaggi Minatori,
dunque, sobilla innanzitutto le certezze linguistiche dell’artista, riduce la distanza tra i lavori e lo sguardo del visitatore, infine si arricchisce mediante la
manipolazione poetica di un ulteriore “messaggio” che rafforza l’indipendenza delle immagini e le restituisce integre al fruitore.
In fondo c’è la voglia di stimolare la fatica sacrosanta di usare l'immaginazione, la pigrizia imperante e indotta è gravissima, perché la gente smette di
immaginare.
con un testo di Barbara Esposito
Ciò che rende l'arte una questione di vita può rimanere indicibile o può sedimentare a lungo nel pensiero e venire espresso in una forma che se da una parte ci
appare familiare dall'altra ci sorprende. Nel territorio dell'estetica esiste una pluralità di approcci e la profonda appartenenza ad essi qualifica noi stessi, la
nostra esistenza, il nostro senso etico. Un approccio possibile è quello mentale, qualcosa che rimane per lo più sfuggente agli sguardi distratti, neutrali, ma che
ha la capacità di porre delle domande e dare una indicazione di prospettiva. E' quanto accade nel ciclo di dipinti presentati da Paolo Borrelli in "Messaggi
Minatori", in cui esiste una complessità di linguaggi adottati e di significato.
Nel loro insieme, le opere introducono ad una dimensione nuova, ad un cambiamento in atto: dal rigore della sintesi estrema ad una massa critica ancora da
sviscerare.
Immagini che assomigliano a ricordi rarefatti nel bianco, forse visioni o sogni.
Qualunque sia la loro natura, è chiara l'attenzione con la quale siano state meditate e costruite e il loro ancorarsi ad un pensiero attuale, politico, senza
mediazioni, in cui la coincidenza tra uomo ed artista si fa evidente.
Qui le direzioni di senso si moltiplicano nell'esiguità del colore, nella semplificazione della forma, nella scelta quasi assoluta del bianco e nero e
-attraverso il collage- nel ricorso alla vita.
Misurate citazioni, immagini prelevate dalla storia e combinate tra loro attraverso un gioco di trasparenze e sovrapposizioni. E' come se queste invitassero a
cercare il punto di equilibrio tra concetto ed emozione, tra la comunicazione diretta di un messaggio e le possibili chiavi di lettura, tra il gesto pittorico
ridotto ai minimi termini e le ferite del reale.
Per me, ci troviamo esattamente di fronte ad una determinazione di luogo e di tempo finalizzata all'abbattimento delle distanze e dei silenzi politico-sociali
del nostro presente.
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